mercoledì 29 aprile 2015

FR & OC nelle scuole: #AvventuraMedioevale (8)

Il viaggio di Arnaud: Fenestrelle e il suo Castello

Alla fine anche il nostro Arnaud ha trovato un posto per stabilirsi, senza più girovagare tra la Francia e il Pinerolese: a metà della Val Chisone, poco a monte rispetto ad altre castelli già presenti, il nostro amico, ormai ordinato cavaliere, decide di costruire la sua abitazione.

E, di conseguenza, eccolo qui, come lo vediamo ancora oggi Chateau Arnaud, diventato poi più conosciuto come "la colombaia" del più famoso Forte di Fenestrelle.

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DAI CASTELLI MEDIEVALI AL FORTE DI FENESTRELLE
Il forte di Fenestrelle ha una storia più breve e conosciuta ma, nonostante la sua mole, non vi è stato un gran fiorire di leggende riguardo alle varie sue parti, così come i suoi angoli particolari, i suoi dettagli caratteristici non hanno favorito la nascita di storie fantastiche.


Una singolare eccezione a questa regola è senz'altro quella che riguarda la torretta tozza e bassa posta su di un impervio roccione a monte del forte Tre Denti, caratteristica postazione di vedetta in posizione strategica, tale da consentire ad un solo uomo di controllare bassa e alta valle. Si racconta che al momento della costruzione, i militari con gran lena innalzavano le pareti della garitta, sovrapponendo una pietra all'altra e legandole con la malta. La fatica era immane, il sudore colava dalle fronti ma i soldati, spronati dal sottufficiale che sovrintendeva alla costruzione, facevano salire i blocchi di granito e li disponevano con grande maestria. Prendevano così forma le feritoie di osservazione e la costruzione saliva di quota, giungendo finalmente al tetto.
Qui venivano messe in posa le lose di copertura e, al calar delle tenebre, la costruzione poteva dirsi conclusa. Ma il mattino dopo, raggiungendo la posizione per iniziare i lavori di un nuovo lotto, i soldati si trovarono di fronte ad uno spettacolo disarmante: della garitta non vi era più traccia, le lose della copertura erano spaccate e sparse tutt'intorno, le pietre della muratura altrettanto. Non vi erano indizi ad avvalorare l'ipotesi del cedimento strutturale, ma non sembrava trattarsi di un semplice crollo: pareva proprio che qualcuno, magari qualche forza non terrena, si fosse divertita a distruggere quel che gli uomini avevano costruito con tanta fatica. Sconfortati ed anche, perché no, preoccupati per l'insondabile che si celava dietro al fatto, i lavoranti si apprestarono a ripetere le operazioni che tanto sforzo erano costate appena il giorno precedente. Di nuovo la struttura venne eretta, di nuovo la garitta fu completata e trovò il suo posto a guardia dei due versanti della valle. Ma di nuovo, la mattina seguente, lo spettacolo che si presentò ai lavoranti fu tremendo: la garitta non c'era più, era stata nuovamente distrutta!
Quella che il giorno precedente, nella prima occasione, era soltanto una frase pronunciata a mezza voce, quasi con vergogna, ora si trasformava in grido: "Questa è opera del diavolo!" ed il concetto era rafforzato dal forte odore di zolfo che regnava in quella zona.
Per la terza volta, con animo sempre più sconfortato, i soldati diedero inizio alla costruzione: i lavori procedevano sempre più lentamente, vuoi per la stanchezza, vuoi per la sensazione di inutilità dell'operato di cui era preda l'intera guarnigione. Così, questa volta, all'imbrunire la costruzione era giunta solo a poco più di metà, ed il comandante ordinò la sospensione delle attività per quel giorno; deciso a non permettere una ulteriore distruzione, diede ordine che il manufatto fosse sorvegliato nel corso dell'intera nottata ed impartì precise disposizioni affinché venisse fatto fuoco verso chiunque avesse osato soltanto avvicinarsi.
I turni di guardia si succedettero, con timori crescenti da parte dei comandati, i quali scrutavano le tenebre con la paura di veder spuntare il demonio sotto chissà quali sembianze, pronto a reiterare la sua malvagia beffa ancora una volta. Ma nulla di questo avvenne. Al risveglio tutti i militari di stanza al forte volsero lo sguardo verso la garitta e la ritrovarono là dove l'avevano lasciata la sera precedente, incompleta ma in piedi. Fu così che il governatore, visto il successo dell'operazione, non volle forzare il destino e decise di non procedere ad altri lavori. Il demonio, dal canto suo, evidentemente si considerò pago dei problemi causati e lasciò in pace il forte. Da quel giorno la garitta che si erge sul picco quasi a metà salita viene chiamata "garitta del diavolo”, ma, visti i gravi problemi connessi alla sua costruzione rimase sempre pervasa da un’aura di mistero e, con il tempo, divenne il luogo punitivo, dove venivano mandati i soldati che non rispettavano le regole o si comportavano male: per loro gli ordini erano di andare a fare i guardiani nella Garitta la quale, come abbiamo detto, oltre ad essere un luogo carico di sventura, era sita in un’area difficilmente raggiungibile.
Ma non è finita qui: quando un soldato veniva mandato nella Garitta per svolgere il suo ruolo di sentinella, egli era solito portare con sé una candela da accendere una volta rimasto lassù da solo. Questo gli permetteva di non rimanere nel buio più completo e gli teneva anche un po’ di compagnia nelle lunghe e solitarie ore della veglia notturna. Spesso, però, accadeva che la fiamma della candela si spegnesse improvvisamente. Inizialmente i soldati attribuivano questi spegnimenti repentini alle correnti d’aria che nella Garitta erano all’ordine del giorno, vista la sua posizione, ma con il passare del tempo, le candele si spegnevano sempre più spesso e, di nuovo, tra i soldati si fece strada il sospetto che anche questi spegnimenti fossero opera del Diavolo.

Un grazie particolare a Roberto Bourcet 
e a Simona Brunet per la collaborazione e l'aiuto

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