martedì 9 maggio 2017

La lingua minoritaria come bene culturale


La comunicazione è da sempre un’esigenza prioritaria per l’essere umano e uno dei mezzi maggiormente utilizzati a questo scopo è la lingua. Ognuno di noi viene in contatto con diversi linguaggi: la lingua madre, quella che viene trasmessa direttamente dalla famiglia d’origine, le lingue dell’ambiente in cui si cresce, le lingue imparate a scuola e quelle utilizzate nel mondo lavorativo. La lingua è, dunque, “qualcosa” che permea la vita quotidiana di tutti noi, ma che spesso viene data quasi per scontata; ci accorgiamo di quanto è importante comunicare solo quando, per qualche ragione, ci troviamo ad essere impossibilitati a farlo. Questo spesso implica che le persone non percepiscano la lingua come un elemento da tutelare o valorizzare, tuttavia la nostra storia è permeata di situazioni in cui l’identità culturale e linguistica delle comunità è stata messa in dubbio e minata. 

Per questa ragione sono da considerarsi particolarmente importanti l’art. 6 della Costituzione Italiana che recita “la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”, consentendo l’emanazione di apposite norme per la tutela e la valorizzazione di tali idiomi. La norma si inserisce, secondo una visione più ampia, nell’affermazione del principio del pluralismo che contrassegna la democrazia italiana, e costituisce la condizione dell’approvazione, avvenuta nel 1999, della L.482, la quale individua le modalità di tutela e valorizzazione di 12 minoranze linguistiche presenti nella penisola italiana, tra le quali il francese e l’occitano che interessano numerosi comuni del Pinerolese.
Oggi questo tipo di tutela presenta una duplice valenza: una conservativa di tipo storico-culturale, che vede la lingua come testimonianza di quel patrimonio immateriale tutelato anche dalla Convenzione dell’UNESCO del 2003; l’altra legata all’attualità e in grado di relazionarsi strettamente con i fenomeni migratori e con la presenza e l’inserimento di nuove minoranze etnico-linguistiche.  

Dal punto di vista conservativo e di salvaguardia, i patrimoni orali e immateriali dell’umanità vengono considerati, dalla visione portata avanti dall’UNESCO, come vere e proprie espressioni della cultura immateriale e affiancate a tutti quei capolavori rappresentati da “cose” tangibili che, tradizionalmente, sono tutelate da tempo. In tale definizione rientrano: “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”.

Si tratta, quindi, di una definizione molto ampia che necessita dell’applicazione di una serie di criteri specifici a cui il “bene immateriale” deve rispondere per essere inserito nella lista UNESCO: il linguaggio in questo caso viene considerato nella sua accezione più moderna, vale a dire come “mezzo” di trasmissione di tutti i saperi, le prassi e le rappresentazioni di generazione in generazione. Per questa ragione, nella lista dei patrimoni immateriali tutelati dall’UNESCO non troveremo le lingue storiche minoritarie così come le vediamo, ad esempio, elencate nella Legge 482/99, ma ne intuiremo l’importanza proprio come mezzo di formazione delle nuove generazioni rispetto a tali tradizioni. Si tratta di una visione particolarmente importante che ci mette al riparo dall’idea di proporre attività di tutela che implichino una “musealizzazione” della lingua, la quale, al contrario, deve essere sempre interpretata come un bene vivo, in costante cambiamento  e trasformazione ed elemento fondante delle comunità anche e soprattutto nella conservazione delle proprie tradizioni ed espressioni artistiche.


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