
Per questa
ragione sono da considerarsi particolarmente importanti l’art. 6 della
Costituzione Italiana che recita “la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze
linguistiche”, consentendo l’emanazione di apposite norme per la tutela e
la valorizzazione di tali idiomi. La norma si inserisce, secondo una visione
più ampia, nell’affermazione del principio del pluralismo che contrassegna la
democrazia italiana, e costituisce la condizione dell’approvazione, avvenuta
nel 1999, della L.482, la quale individua le modalità di tutela e
valorizzazione di 12 minoranze linguistiche presenti nella penisola italiana,
tra le quali il francese e l’occitano che interessano numerosi comuni del
Pinerolese.
Oggi questo tipo
di tutela presenta una duplice valenza: una conservativa di tipo
storico-culturale, che vede la lingua come testimonianza di quel patrimonio
immateriale tutelato anche dalla Convenzione
dell’UNESCO del 2003; l’altra legata all’attualità e in grado di
relazionarsi strettamente con i fenomeni migratori e con la presenza e
l’inserimento di nuove minoranze etnico-linguistiche.
Dal punto di vista conservativo e di salvaguardia, i patrimoni orali e immateriali dell’umanità vengono considerati, dalla visione portata avanti dall’UNESCO, come vere e proprie espressioni della cultura immateriale e affiancate a tutti quei capolavori rappresentati da “cose” tangibili che, tradizionalmente, sono tutelate da tempo. In tale definizione rientrano: “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”.
Si tratta, quindi, di una definizione molto ampia che necessita
dell’applicazione di una serie di criteri specifici a cui il “bene immateriale”
deve rispondere per essere inserito nella lista UNESCO: il linguaggio in questo
caso viene considerato nella sua accezione più moderna, vale a dire come “mezzo”
di trasmissione di tutti i saperi, le prassi e le rappresentazioni di
generazione in generazione. Per questa ragione, nella lista dei patrimoni immateriali tutelati
dall’UNESCO non troveremo le lingue storiche minoritarie così come le
vediamo, ad esempio, elencate nella Legge 482/99, ma ne intuiremo l’importanza
proprio come mezzo di formazione delle nuove generazioni rispetto a tali
tradizioni. Si tratta di una visione particolarmente importante che ci mette al
riparo dall’idea di proporre attività di tutela che implichino una “musealizzazione”
della lingua, la quale, al contrario, deve essere sempre interpretata come un
bene vivo, in costante cambiamento e
trasformazione ed elemento fondante delle comunità anche e soprattutto nella
conservazione delle proprie tradizioni ed espressioni artistiche.
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